La matematica egizia fu, come quasi tutte le consorelle antiche e moderna, empirica, anche se fu perfezionata sino a raggiungere il livello di disciplina. Gli egizi portarono i loro sistemi di calcolo a livelli di alta funzionalità, al servizio della grande organizzazione del gruppo sociale e, più precisamente, di due realtà: sul piano d’ingegneria, per le gigantesche costruzioni intraprese fin dall’Antico Regno e, sul piano della ragioneria, per le tasse e le compensazioni, estese a migliaia di voci e pagate in natura. Gli studiosi moderni si aspettavano che per costruire le prime e realizzare la seconda fosse stata ideata una matematica altamente perfezionata. I documenti relativi a queste attività in nostra mano sono invece tutti di carattere manualistico e scolastico, espongono cioè problemi concreti e soluzioni dei medesimi, ma non rivelano quali criteri o teorie abbia seguito l’operatore. Per quanto riguarda i calcoli numerici, ossia l’aritmetica, gli egizi affrontarono e risolsero tutti quei problemi di calcolo che noi risolviamo con le quattro operazioni, elevazione al quadrato ed estrazione di radice quadrata, nonché problemi del tutto astratti, inutili a fini pratici ed equivalenti alle nostre equazioni con una incognita di primo grado. Per quanto riguarda la geometria, erano in grado di calcolare, tra l’altro, l’area del rettangolo, del triangolo, del cerchio e del trapezio e, ancora, il volume del parallelepipedo e della piramide (anche tronca), nonché la pendenza del lato della piramide regolare a base quadrata. In conclusione, la matematica e la geometria toccarono all’incirca i medesimi termini evolutivi delle consorelle antiche, compresa la greca, fino a Pitagora.